Il nostro pianeta conta quasi 7,5 miliardi di persone; alcune mangiano cavallette, altre usano insetticidi per distruggerle, alcune adornano i loro corpi con decorazioni, altre spendono molto per dipingersi solo il viso, alcune si salutano stringendosi la mano, altre inchinandosi, per alcune il colore del lutto è il nero, per altre il bianco. Perché queste differenze? La risposta è che i pensieri, i sentimenti, le credenze, i comportamenti, i modelli sociali discendono dalla differente cultura. A ciò si aggiunge la complessità che deriva dalle numerose lingue del mondo, di cui le principali sono una quindicina.
La cultura è definita come lo stile di vita di un gruppo e include i valori, le credenze, i modi di comportarsi e comunicare di “quel” gruppo. La cultura è acquisita o appresa, non si nasce con una particolare cultura. Non va confuso ciò che è naturale (tratti somatici, colore della pelle, conformazione fisica, ecc.) con ciò che è culturale, cioè appartenente a specificità tramandate, apprese e fatte proprie. La pratica di un sistema di vita, di un costume, di un comportamento, l’attribuzione di un particolare valore a determinate concezioni o realtà, l’acquisizione di sensibilità e coscienza di fronte a problemi umani e sociali sono cultura. Si parla di una cultura della vita ma anche della morte, di cultura del lavoro, della povertà, della pace, della solidarietà, della corruzione, di cultura ecologica, di cultura del turismo (per alcuni Paesi è la risorsa primaria), di cultura dell’accoglienza e altri ambiti che possiamo definire come “cultura” di un popolo, una nazione, una etnia, un gruppo omogeneo di individui. Alla base di ogni rapporto commerciale vi sono la costruzione ed il mantenimento di relazioni personali e le persone provano simpatia, rispetto o antipatia e giudicano i nostri atteggiamenti. Se non conosciamo la lingua di "quel" determinato Paese è possibile usare una lingua “veicolare” (spesso l'inglese), ma consideriamo anche le nostre abitudini e comportamenti che potrebbero essere inadeguati o anche offensivi per il nostro interlocutore. Grave sarebbe il ritenere che la cultura e gli usi di un altro Paese siano assurdi o incomprensibili. Ogni persona è orgogliosa delle proprie radici culturali e ritiene le critiche e le inosservanze a tali aspetti una mancanza di rispetto e una inaccettabile forma di arroganza. Chi opera nei mercati del mondo deve quindi essere curioso, attento e informato sugli aspetti fondamentali del Paese al quale si sta avvicinando. La conoscenza della cultura, storia, religione, politica, economia, organizzazione dello Stato, sistema sociale, usi, costumi e quant'altro va ad arricchire il nostro personale sapere, ma può anche facilitare, a volte condizionare, una nuova relazione d'affari. I saperi multiculturali consentono di comunicare in modo specifico e qualificato nelle diverse aree del mondo. Il marketing tradizionale, impreziosito dai saperi della multicultura ed applicato nelle relazioni internazionali si è così evoluto in Marketing Interculturale. "Secondo Cofimp, la società di formazione e consulenza di Unindustria Bologna, il 25% delle persone impegnate nei mercati esteri ottiene scarsi risultati o fallisce gli obiettivi a causa della scarsa conoscenza delle diversità culturali, che rappresentano il primo fattore critico nella gestione di progetti internazionali. Conoscere “l’etichetta” del Paese di interesse è essenziale per evitare errori che potrebbero compromettere una relazione". (da Il Sole 24 Ore). |